Art. 84 (Apposizione dei sigilli)
Dichiarato il fallimento, il giudice delegato o per sua delegazione, in caso d'impedimento, il giudice di pace, procede immediatamente, secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, all'apposizione dei sigilli, sui beni che si trovano nella sede principale dell'impresa e sugli altri beni del debitore. All'apposizione dei sigilli nella sede principale dell'impresa deve assistere, salvo legittimo impedimento, il curatore.
Per i beni che si trovano in altre località il giudice delegato richiede, per mezzo del cancelliere, i giudici di pace competenti di procedere all'apposizione dei sigilli. Il verbale redatto dal giudice di pace è trasmesso immediatamente al giudice delegato.
Il giudice che procede all'apposizione dei sigilli può emettere i provvedimenti provvisori e conservativi che ritiene necessari, compreso quello della vendita delle cose deteriorabili.
Art. 85 (Apposizione dei sigilli da parte del giudice di pace)
Anche prima di ricevere la richiesta prevista dal secondo comma dell'articolo precedente, il giudice di pace, che abbia certa notizia della dichiarazione di fallimento, può procedere all'apposizione dei sigilli nei luoghi compresi nella sua giurisdizione.
Art. 86 (Cose non soggette all'apposizione dei sigilli)
Non sono poste sotto sigillo, oltre le cose che ne sono escluse dal codice di procedura civile:
1) le cose che servono all'esercizio dell'impresa, se questo, a giudizio del giudice, non può essere immediatamente interrotto;
2) le scritture contabili;
3) le cambiali e gli altri titoli scaduti o di imminente scadenza, che devono essere consegnati al curatore per la riscossione;
4) il danaro contante, da consegnarsi ugualmente al curatore, il quale provvede a depositarlo a norma dell'Art. 34.
Di tutti questi oggetti si fa la descrizione nel processo verbale.
Le scritture contabili dopo essere state vidimate dal giudice che procede devono essere depositate nella cancelleria del tribunale. Tuttavia il giudice delegato può autorizzare il curatore a trattenerle temporaneamente con l'obbligo di esibirle ad ogni legittima richiesta.
Art. 87 (Rimozione dei sigilli e inventario)
Il curatore deve chiedere nel più breve termine possibile al giudice l'autorizzazione a rimuovere i sigilli ed a fare l'inventario. A tali operazioni egli procede, secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, presenti o avvisati il fallito e il comitato dei creditori, se esiste, con l'assistenza del cancelliere del tribunale o della pretura, che ne redige processo verbale. Possono intervenire i creditori.
Il giudice delegato può prescrivere speciali norme e cautele per l'inventario e, quando occorre, nomina uno stimatore.
Prima di chiudere l'inventario il curatore invita il fallito o, se si tratta di società, gli amministratori a dichiarare se hanno notizia che esistano altre attività da comprendere nell'inventario, avvertendoli delle pene stabilite dall'Art. 220 in caso di falsa o omessa dichiarazione.
L'inventario è redatto in doppio originale e sottoscritto da tutti gli intervenuti. Uno degli originali deve essere depositato nella cancelleria del tribunale.
Art. 88 (Presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore)
Il curatore prende in consegna i beni di mano in mano che ne fa l'inventario insieme con le scritture contabili e i documenti del fallito.
Se il fallito possiede immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il curatore notifica un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché sia annotato nei pubblici registri.
Art. 89 (Elenchi dei creditori e dei titolari di diritti reali mobiliari e bilancio) Il curatore, con la scorta delle scritture contabili del fallito e delle altre notizie che può raccogliere, deve compilare l'elenco dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e diritti di prelazione, nonché l'elenco di tutti coloro che vantano diritti reali mobiliari su cose in possesso del fallito, con l'indicazione dei titoli relativi. Gli elenchi sono depositati in cancelleria.
Il curatore deve inoltre redigere il bilancio dell'ultimo esercizio, se non è stato presentato dal fallito nel termine stabilito, ed apportare le rettifiche necessarie e le eventuali aggiunte ai bilanci e agli elenchi presentati dal fallito a norma dell'Art. 14.
Art. 90 (Esercizio provvisorio)
Dopo la dichiarazione di fallimento il tribunale può disporre la continuazione temporanea dell'esercizio dell'impresa del fallito, quando dall'interruzione improvvisa può derivare un danno grave e irreparabile.
Dopo il decreto previsto dall'Art. 97, il comitato dei creditori deve pronunciarsi sull'opportunità di continuare o di riprendere in tutto o in parte l'esercizio della impresa del fallito indicandone le condizioni. La continuazione o la ripresa può esser disposta dal tribunale solo se il comitato dei creditori si è pronunciato favorevolmente.
Se è disposto l'esercizio provvisorio a norma del comma precedente, il comitato dei creditori è convocato dal giudice delegato almeno ogni due mesi per essere informato dal curatore sull'andamento della gestione e per pronunciarsi sulla opportunità di continuare l'esercizio. Il tribunale può ordinare la cessazione dell'esercizio provvisorio se il comitato dei creditori ne fa richiesta, ovvero se in qualsiasi momento ne ravvisa l'opportunità.
Il tribunale provvede in ogni caso con decreto in camera di consiglio non soggetto a reclamo sentito il curatore.